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Identità di Pasta: Newsletter n. 57 di Paolo Marchi del 27 febbraio 2017

Identità di Pasta: Newsletter n. 57 di Paolo Marchi del 27 febbraio 2017

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Orgoglioso di dare vita, per l’ottima volta consecutiva a Milano, a Identità di Pasta, una giornata, quella di domenica 5 marzo, che sarà aperta e chiusa da due giganti della cucina italiana, Carlo Cracco e Davide Scabin, dedico questo saluto ai due relatori sul palco lunedì in Identità di Montagna. Maurizio Grange e Piergiorgio Pellereisono rispettivamente il titolare e lo chef della locanda La Clusaz a Gignod, tra Aosta e il passo del Gran San Bernardo. La loro carta, i loro menù sono l’esaltazione massima di prodotti, vini, cibi e saperi valdostani. Che coabitano con tanto pesce di mare perché i valligiani, a differenza dei turisti, sono eternamente in fuga da piatti che conoscono a memoria e se vanno al ristorante vogliano poter evadere.

Così alla Clusaz uno può ordinare per sintonia con l’anima del posto o per contrasto. Io un po’ uno e un po’ altro. Mi ha incuriosito un primo per la distanza da Roma, oltre 750 km: Spaghetti di Gragnano cacio e pepe. Poi, tra parentesi tra l’altro, una nota importante: Ricotta stagionata e affumicata della Bergerie Henriet, produttore di formaggio di capra a poca distanza dal ristorante, azienda ora curata da Haran, figlio di chi l’aprì nel 1978.

Pellerei è di Biella, quindi piemontese, in Val d’Aosta da una dozzina d’anni. Non deve nulla alla tradizione della capitale, quindi può affrontare la Cacio e pepe con una libertà che pochi si prendono attorno al Colosseo. Fa bollire la pasta per 10 minuti, poi la risotta per altri 5. A parte, lega olio Mandravecchia (siciliano, di Modica nel Ragusano) e acqua di cottura degli spaghetti, regolando di pepe e unendo il formaggio solo alla fine in un perfetto equilibrio tra eleganza e potenza.

Paolo Marchi

Felicetti: ottava edizione figlia del coraggio

Abbiamo avuto un grande coraggio, con Paolo Marchi, e hanno avuto grande coraggio quelle decine di grandi cuochi che nelle ultime 7 edizioni di Identità di Pasta – e nell’edizone di Identità Expo – si sono avvicendati in questo spazio libero, interpretando la pasta in tutte le sue declinazioni. Quasi un decennio di straordinarie performance sul palco di Identità Golose a Milano.

Sono convinto che anche i cuochi di quest’anno (sotto trovate la successione di tutti i protagonisti dell’edizione 2017) continueranno nella sperimentazione e nella consacrazione della pasta su tutte le tavole importanti del mondo.

Il viaggio della pasta prosegue. E quello che sembrava essere un laboratorio fine a se stesso si è dimostrato invece una fucina di idee, riproposte sempre più spesso nelle carte dei grandi ristoranti.

Riccardo Felicetti

Carlo Cracco, apripista 2017

Carlo Cracco con Riccardo Felicetti

Carlo Cracco con Riccardo Felicetti

L’apertura dell’ottava edizione di Identità di Pasta spetta per il secondo anno di fila al vicentino Carlo Cracco (lezione in Sala Blu 1 dalle ore 10), sempre più compreso nelle trafile di pasta secca di Felicetti (nella foto è con Riccardo Felicetti, e con loro ci sarà Eleonora Cozzella, da sempre moderatrice dell’appuntamento). Abbiamo ancora in mente la lezione del 2016, con la presentazione dei Maccheroni, cime di rapa e lentisco («La cima di rapa», spiegò, «sta alla pasta come Marilyn sta alla bellezza e Audrey Hepburn alla grazia») ma anche il raviolo che portò in Auditorium, cotto in un’acqua aromatizzata con rami di ginepro, serviti sopra un fondo ottenuto dalle ossa del cervo, con un po’ di cioccolato.

Un velo di studiato mistero avvolge il contenuto della lezione 2017. Monta la curiosità di come il ragazzo aggiornerà lo straordinario campionario ventennale di primi piatti di pasta secca. Un approccio che ha sempre inteso la pasta come trave portante e non veicolo qualsivoglia. Qualche esempio? Li avevamo ricordati sul nostro sito, con una ricca carrellata dalle origini a oggi, qualche tempo fa.

Mantarro, bontà e pragmatismo siciliano

Massimo Mantarro
Massimo Mantarro

Dopo Cracco sale in cattedra il siciliano Massimo Mantarro (ore 10.45) del Principe Cerami, al San Domenico Palace di Taormina (Messina). È il debutto a Identità per questo cuocone influente e silenzioso, il due stelle Michelin più discreto d’Italia. Porterà due ricette segnate da altrettanti concetti: gusto e tradizione. «Sicilia è da sempre sinonimo di pasta secca», anticipa, «una terra stretta tra mare e orto, il filo rosso delle due preparazioni di cui parlerò, legate da equilibri moderni, con la freschezza come trave portante».

C’è un altro concetto che gli preme molto sviluppare: «L’estetica non deve mai vincere sulla bontà. È più importante il palato dell’occhio». E pure la leggerezza, caratteristica che avvolge la cucina contemporanea tutta. Ma anche la cucina isolana, e da sempre: «Quel poco di pasta fresca che facciamo, è quasi tutta tirata con acqua e farina, senza uova. Qualche casalinga metteva dell’albume per dare un po’ di consistenza. Ma la pasta secca la trovavi sempre dappertutto».

Il piatto simbolo di Mantarro? Quello più ordinato dai clienti a Taormina negli ultimi 5/6 anni: Spaghettoni alla Norma con gambero crudo di Mazara del Vallo. Semplice, efficace, buonissimo.

Luca Fantin, pasta secca per i giapponesi

Luca Fantin
Luca Fantin

Col trevisano Luca Fantin, chef dell’omonimo ristorante del Bulgari di Tokyo (ore 11.30), la pasta secca sarà inquadrata per la prima volta dalla cornice del gusto dei giapponesi. «Agli inizi», ci raccontò poco tempo fa il trevisano, «mi tornava indietro l’80% degli spaghetti: ‘troppo crudi’, protestavano. Ma erano semplicemente al dente. Ho capito che non potevo impormi con violenza. Ma al tempo stesso non volevo adottare solo pasta fresca nel menu, un genere più affine al loro gusto perché più morbido al palato».

Per questo, assieme all’olio extravergine e al riso Carnaroli, Fantin si fa recapitare dall’Italia chili di pasta Felicetti. Il suo Spaghetto freddo ai ricci di mare, stracotto per 3 minuti e poi rinvenuto attraverso un rapido shock in acqua ghiacciata, ci ha già rapiti. A Milano avremo il bis e il tris: Insalata di pesce e Spaghetti con bottarga. I dettagli? Un poco di pazienza e sapremo.

Baronetto, la libertà tra sedanini e spaghetti

Matteo Baronetto
Matteo Baronetto

Per avere più particolari sulla lezione (ore 12.15) di Matteo Baronetto, cuoco del ristorante Del Cambio di Torino – e chef dell’anno per la Guida di Identità Golose 2017 – lo chiamiamo al telefono. Ci risponde mentre passeggia nell’orto di Moncalvo, un serbatoio vegetale che sta mettendo lentamente in piedi, a una quarantina di minuti dal ristorante: «Quando lavori un broccolo piccolo e coltivato bene è tutta un’altra storia». Un orto regolato da inflessibili logiche baronettiane: «Anche nei campi dev’esserci lo stesso rigore che c’è in cucina».

All’orto accennerà di certo nella sua lezione, “Declinazioni di pasta”, una duplice esplorazione attorno al concetto di aspic e Mistery, la piastra col coperchio resa celebre dal designer Andrea Salvetti e soprattutto dall’amico Paolo Lopriore, chef del Portico di Appiano Gentile (Como): «Noi cuochi non dobbiamo aver paura di utilizzare strumenti che usano già altri colleghi: secondo questa logica il sifone non avrebbe avuto la diffusione che ha avuto». Verissimo. Dalla libertà del confronto usciranno due piatti intriganti. I formati? «Spaghetti e sedanini».

Colagreco, l’argentino che amava la pasta

Mauro Colagreco
Mauro Colagreco

L’ultima lezione prima della pausa pranzo (ore 13) vedrà salire sul palco Mauro Colagreco, 2 stelle Michelin al Mirazur di Mentone, in Francia. Il cuoco argentino più famoso d’Europa (è 6° nella World’s 50 Best) non ha mai negato la passione per il primo piatto italiano per antonomasia: il confine di Ventimiglia è vicino, e lui subisce da sempre il fascino di un piatto di pasta al pomodoro ben fatto.

Se poi lo interroghi sul suo ristorante del cuore, risponderà quasi certamente con un indirizzo italiano, La Vecchia Ostaia di San Biagio della Cima (Imperia), perché, ci disse una volta, «la pasta che prepara la signora Angela è fenomenale».

Anthony Genovese, l’Italia altrove

Anthony Genovese
Anthony Genovese

Fusilloni Felicetti, lumache di mare e ventriglio d’anatra. Pacote Felicetti, alga combu, ramen di ostrica e fegato di rombo. Possiamo serenamente dare anticipazione dei due piatti al centro della lezione di Anthony Genovese del Pagliaccio di Roma (ore 14.10), per la terza volta su un palco di Identità Milano.

Cos’è il ventriglio? «La parte dura dello stomaco del piccione dell’anatra. In Italia non è diffusa ma nel sud Ovest della Francia è piuttosto popolare e si consuma confit», ci spiega. «I Fusilloni», anticipa, «saranno funzionali allo scopo della mia ricetta: realizzare un’insalata di pasta».

Le Pacote della seconda ricetta saranno invece cotte al vapore, una tecnica poco utilizzata sulla pasta secca e in generale molto meno di quanto non accada in Oriente, un orizzonte cui Genovese guarda da sempre. «Non credo siano idee rivoluzionarie. Solo piatti semplici e buoni». Come gli Ziti con stoccafisso, tra i primi piatti più popolari di via dei Banchi Vecchi. Gusto italiano, privo di eccessi e artifici.

Eugenio Boer, alla faccia dell’olandese

Eugenio Boer
Eugenio Boer

“Per essere un olandese cucino bene la pasta”. È l’intro della lezione di Eugenio Boer(ore 15 in punto). «E’ una frase che mi disse una volta un cliente alla fine di un pasto », ci spiega lo chef di Essenza, Milano, «era stupito che i piatti di secca e ripiena del menu degustazione fossero fatti bene. Mi ha fatto pensare che non conta essere italiani al 100%: un cuoco con esperienza e buone basi può fare ottimi primi».

Quella partita, poi, è storicamente la preferita di Boer: «Il mio cuore batte per la pasta, specialità cui ho dedicato più tempo, nella gavetta e oggi. Non credo affatto che, come si dice, un piatto di pasta è sempre un piatto di pasta’: si possono ottenere risultati incredibili anche ben distanti dalla tradizione.

Proverà a dimostrarlo a Milano con un distico promettente: Carbonara smile («Una provocazione nata dopo aver mangiato mille paste fatte male in Olanda») e Essere Giuseppe Di Martino («Vi racconterò un aneddoto molto divertente, che coinvolse il pastaio di Gragnano e Riccardo Felicetti»). Un equivoco che ha generato una pietanza in doppio servizio…

Il viaggio nel tempo di Ernesto Iaccarino

Ernesto Iaccarino

Con Ernesto Iaccarino (ore 15.50) salirà idealmente sul palco di Identità di Pastatutta l’epica pluri-decennale di pasta secca del Don Alfonso. «A Sant’Agata sui Due Golfi teniamo in carta lo Spaghetto con pomodoro, basilico e olio extravergine d’oliva dagli anni Ottanta» ci racconta lo chef, figlio di Alfonso e nipote di Ernesto senior, «un tempo era considerato un azzardo: molta ristorazione non osava andare oltre le Pennette panna e salmone. Oggi, ogni ristorante con zero o tre stelle Michelin tiene in menu un piatto di spaghetti o di formati di pasta corta».

La lezione del presidente dei Jre Europa ruoterà attorno al concetto di contaminazione, esplicata in due piatti in particolare: Spaghetto con sgombro in carpione e Dumpling mediterraneo. Ma sarà anche un viaggio nel tempo, con tappe tra il Duecento («Federico II di Svevia, colui che mescolò cucina araba e prodotti del Mezzogiorno, introducendo indirettamente la tecnica della scapece»), il Quattrocento («il pomodoro che attraversa l’Oceano») e il Settecento («l’influenza della cucina francese all’epoca di Luigi XV»).

«La pasta, e il cibo in generale, sono un linguaggio universale», conclude Iaccarino, «Lo vediamo benissimo nel nostro nuovo resort in Nuova Zelanda. Al tavolo capita di vedere assaggiare dei Paccheri con genovese di pollo, uno accanto all’altro, oligarchi russi, ebrei ortodossi e commercianti cinesi».

Luciano Zazzeri, bontà decennali

Luciano Zazzeri

Identità di pasta segna quest’anno una prima assoluta per un vecchio lupo di mare. Il 61enne Luciano Zazzeri (ore 16.40) porterà tutto l’enorme sapere accumulato in decenni di Pineta a Marina Bibbona (Livorno). «Porterò due ricette, sulle quali però non vorrei darvi troppe anticipazioni».

La certezza è il suo amore di lunga data per la pasta, in ogni forma: «Di tutti i piatti che ho cucinato in 40 anni sulla battigia, quelli cui sono più affezionato sono i Maltagliati con le triglie – che per me è la regina del mare – e i Tortelli al cacciucco e baccalà».

Ma i best seller forse sono altri. Per esempio le Bavettine calamaretti aglio e salvia. O i Tagliolini alle vongole, esecuzione di un classico che gli valse la vittoria di un concorso importante anni fa (mise in fila Cedroni e Uliassi…). O forse un altro ancora, lo Spaghetto Felicetti con polpo novello e capperi di Sicilia, «Lo teniamo in carta da tanti anni: è un viaggio che abbraccia tutto il Mediterraneo, dalla Versilia alle Eolie». Coerente col tema di Identità 2017.

L’inesauribile vena creativa di Scabin

Davide Scabin
Davide Scabin

Il gran finale della giornata (ore 17.30) se lo prenderà tutto Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino). Quante ne abbiamo viste in questi anni, dall’iconico Spaghetti pizza Margherita al soufflé di pasta alla pasta cotta in pentola a pressione. Una lista di pietanze e tecniche fenomenali ed eterodosse che non basterebbe un’intera newsletter.

Come ogni anno, non è dato sapere cosa farà quest’anno il rivolese. Eravamo rimasti alla lezione 2016. Quando premise: «Mi sono stufato di vedere molti chef che non sanno cuocere la pasta. Se c’è un filino di bianco al suo interno, non è al dente, ma cruda». E poi propose la Pasta condita con la pasta, «che va a rafforzarne profumi e aromi».

In sostanza, era una pasta Felicetti portata a stracottura. Veniva poi omogeneizzata e la crema ottenuta condiva una seconda pasta. «Più di così, sulla pasta non so fare», confessò Scabin, dichiarando esaurita la sua vena creativa sull’argomento. Riccardo Felicetti in platea sogghignava: «Dice così tutte le volte. E poi…». Succederà ancora.

Identità di Pasta n° 57 – 27.02.2017
la newsletter di Paolo Marchi
Per gentile concessione
Redazione Newsfood.com

NOTA: Le troupe di Newsfood.com saranno presenti nei tre giorni di Identità Golose 2017, a caccia di  novità e personaggi da intervistare, anche tra gli stand.

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