FREE REAL TIME DAILY NEWS

Cucina italiana, il 20% delle ricette arrivano dall’Antica Roma

Cucina italiana, il 20% delle ricette arrivano dall’Antica Roma

By Redazione

L’ombra dell’aquila.

Nonostante 2000 anni di differenza, nonostante l’arrivo di altri popoli e la presenza di altri gusti, l’impronta dell’Antica Roma è ancora forte nell’alimentazione italiana. Osservando i
ricettari nazionali, si nota infatti come almeno il 25% dei piatti deriva da tale periodo.

A spiegarlo la Coldiretti: in occasione di “Cibi d’Italia”, Festival nazionale di Campagna Amica, il Circo Massimo ha ospitato una ricostruzione della prima tavola con i cibi degli antichi
romani.

Impresa non da poco: come ricordano gli storici, i Romani persero ben presto la frugalità alimentare, cantata e rimpianta dagli intellettuali più conservatrici. Il farro e l’orzo
delle origini furono ben presto sostituiti da una cucina ricca, con le conquiste militari che facevano affluire ingredienti strani e maestri chef.

I banchetti dei patrizi, come il famoso, Trimalcione, diventano allora ostentazione di opulenza e potere: più è strano ed esotico il menu, più è influente il padrone
di casa.

Ma oltre, all’originalità, tanti piatti “forti”. Dalle “Satire” di Orazio, arriva così la ricetta delle Lagane e tracta, nonne delle tagliatelle alla bolognese. Il Libum, forma
antica del pane, è invece inserito nel “Agri coltura liber” di Catone, che scrive: “farai così il libum: sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio. Quando lo avrai reso
del tutto liscio impasta bene…”.

Dal pane al pesce: il garum, prima forma della colatura di Alici, è nel “De re coquinaria”. Secondo l’autore Apicio la pietanza agiva come rimedio per diversi problemi, dalle ustioni ai
morsi di animali selvatici. Chi ama la frutta può invece seguire il consiglio di Orazio, secondo cui “La mela nana è più rossa se la cogli a luna calante”.

E, continua Coldiretti, da Roma arrivano ricette oggi lontanissime dalla Capitale. Ricette come la casseola milanese, nata come Pulmentarium ad ventrem. O la cassata siciliana, tanto amata dai
patrizi dell’Urbe da essere raffigurata negli affreschi di Oplontis, la moderna Torre Annunziata. O ancora, l’ Oxyporium, nonno dell’aceto balsamico.

Ma ci sono ricette più vicine geograficamente: la pizza bianca romana era conosciuta come Artolaganaus, mentre la porchetta di Ariccia era il Porcellum elixum farsilem.

Comunque sia, il successo non era assicurato. Il ” Deipnosophistai” di Ateneo parla dei Muscari, i lampagioni: serviti come antipasto nella gustatio, potevano essere avversati per il loro gusto
amarognolo.

Infine, due alimenti più generali, il vino e le erbe aromatiche. Riguardo al primo, i romani ne condividevano la passione con i greci, ritenendola l’unica bevanda degna dei popoli
civili. Così, le legioni importarono il vino in tutte le terre conquistate, come la Germania e la Gran Bretagna, una volta dominio della birra.

Riguardo poi le piante aromatiche, dalla maggiorana al timo al basilico, furono ancora gli abitanti della Città Eterna a renderne comune l’uso come condimento.

Conclude allora il presidente Coldiretti: “Quello tramandato dai grandi autori del passato testimonia l’immenso patrimonio enogastronomico nazionale che solo l’Italia, come unico Paese al
mondo, può vantare di aver custodito e trasmesso, seppur con qualche piccola variante acquisita nel corso dei secoli, fino ai giorni nostri. Infatti leggendo e confrontando le ricette
dell’antica Roma con quelle attuali si può rintracciare, seppur con le dovute modifiche ereditate nel corso dei secoli, una straordinaria continuità, soprattutto con le ricette
tradizionali”.

Matteo Clerici

VISITA LO SHOP ONLINE DI NEWSFOOD