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Storia e Cultura a tavola: dall’Impero rinascimentale italiano al regno francese

CULTURA A TAVOLA – DALLA IMPERANTE CUCINA ITALIANA RINASCIMENTALE ALLA REGNANTE CUCINA FRANCESE
Milano, 25 novembre 2019
CULTURA E STORIA DELLA CUCINA ITALIANA
UN ANTICO MEDIOEVO FRA RICETTE ARABE, SICILIANE, NAPOLETANE, E UN RINASCIMENTO FRA SCALCHI EMILIANI, LOMBARDI, VENETI E TOSCANI
500 ANNI DI EGEMONIA ITALICA, POI TUTTO PASSA IN MANO ALLA FRANCIA “… merci beaucoup” a CATERINA DE’ MEDICI.
Il primo approccio letterario, didattico e costruttivo sulla cucina italiana, scrutando fra menù, libri e ricettari aristocratici, avviene lungo l’asse geografico napoletano-palermitano, grazie alle nozioni e ai testi lasciati dalla scuola alimentaria e sanitaria salernitana del XI-XII° secolo. Già 100 anni dopo, la cultura della tavola e del cibo prende forma in termini più scientifici, didattici, letterari e mitici, e inizia una migrazione contaminazione lungo lo stivale, ma sempre con un occhio privilegiato verso il sud Italia.
Ma si parla solo di cucine nobili, di potenti dell’epoca: il popolo aveva una alimentazione standard. Sono “Anonimi” i primi cuochi o scalchi che scrivono 50 fino a 180 ricette, i primi ricettari.
Non appare nessuna ricetta, invece, nel testo del frate e poeta lombardo Bonvesin de la Riva (1240-1315), bensì il primo galateo a tavola. Fu sicuramente la corte di Federico II° a incentivare la cura della alimentazione e la raccolta di ricette anglo-normanne-italiche grazie a un primo testo dell’anonimo “Meridionale” vissuto fra il 1220 e il 1250.
All’anonimo “Napoletano”, suo successore e vissuto fra 1285-1304 alla corte di Carlo II° d’Angiò, forse un letterato ebreo o un medico nato in Sicilia, si deve la prima raccolta di circa 150 ricette dove si sente una forte influenza araba ma già contaminata.
Molto utili i trattati dell’anonimo “Toscano” e “Veneziano”, tutti in lingua medioevale e datati dal 1300 al 1400 in cui sono raccolte fino a 183 ricette di vari territori, con ingredienti nuovi e che raccontano l’evolversi anche cultuale e tecnica dell’ “antica storia della cucina su suolo italiano”.
E’ la cucina più ricercata e ambita, diffusa velocemente già nel XIV° secolo da Firenze a Napoli, da Palermo, giungendo a Venezia e a Bologna, prima sede di stampatori e primi custodi bibliotecari di questi ricettari. E’ in questi testi antichi che già si trovano le ricette di ravioli, di vermicelli, l’ambrogino di pollo, i brodetti, il pesce di magro per malati, gli gnocchi di carne e di verdure… molte salse, molte uova.
Il cibo, come già scriveva la scuola salernitana circa 200 anni prima, rappresenta un regolatore della salute e i banchetti erano riti di ospitalità, quindi manifestazione dell’opulenza del padrone di casa. Quanti matrimoni “regali” furono definiti alla tavola di Papi, Cardinali, Vescovi e Principi per circa 500 anni. L’Italia, nella sua microscopica divisione in staterelli e diversità politiche, era già quasi una “nazione” a tavola, riconosciuta da tutti.

Fino al XV° secolo notiamo che la ricetta o il piatto è sempre legato a miti, eventi, favole e vernacoli che compendiano il luogo, il casato e il potere, ma quasi tutta la cucina si basava su tre componenti base: la bollitura dell’acqua decontaminante per la carne, ottenendo un brodo misto (solo di erba e verdura per il popolo) utile per tutto; le spezie variegate per conservare, insaporire e sanificare e la frutta passita; il condimento caldo o freddo, acido e amaro, di aceto di vino e zucchero.

Venezia diviene capitale mondiale della stampa del libro agricolo-gastronomico-enologico-alimentare per almeno 2 secoli. La fertile pianura veneto-lombarda-emiliana fucina, patria e capitale di prodotti agricoli sublimi è proprietà delle più ricche Signorie papaline e imperiali che fanno a gara per realizzare i banchetti più sontuosi, le ricette più prelibate e avere alle proprie dipendenze “gli scalchi” più bravi… interpreti ed eredi dei grandi Anonimi medioevali.

C’è un forte cambio di passo soprattutto nei sapori e di composizione della ricetta: il Rinascimento si arricchisce di spezie ed erbe, frutta, vegetali e ortaggi, l’uso dell’agrodolce, è più morbida, abbondanza di zucchero, grassi e burro… e quindi si esalta la figura dello “scalco”, certamente non un popolano qualsiasi.
Prima di tutto doveva essere un uomo di cultura, saggiamentale e dietologo, un po’ medico e un po’ abate letterato, conteso dalle varie aristocrazie, in sintonia con la vita del tempo…un creatore di ricette e piatti. I palazzi nobiliari sono il centro culturale, dell’ospitalità, del buon vivere e buon mangiare. Per pochi, tutto è elegante e galante.

E’ in Italia che dal 1450 al 1690, passano i migliori scalchi e cuochi dell’epoca. Tutti lasciano un segno culinario creativo. Ma a fine XVI° secolo avviene la prima grande rivoluzione culinaria europea: dopo 500 anni di predominio arabo-latino-italico, la Francia inizia un percorso di assorbimento, conoscenza ed evoluzione grazie a Caterina de’Medici, diventata regina di Francia, reggente e madre di tre successivi Re. Una potenza assoluta, si direbbe, dal 1547 al 1563.
In questi anni portò a Parigi i migliori cuochi e scalchi italiani che trasferirono ricette, competenze, conoscenze… l’uso e la disposizione delle posate e bicchieri che i francesi non conoscevano apprendendo tutto dal Galateo di mons. Giovanni della Casa pubblicato nel 1560.
Dopo 50 anni la cucina francese era ai vertici assoluti: le frittate sono gli omelette, le schiacciate fiorentine… le crepes, le paste ripiene… bignè, il pane bianco… baguette, i pancornetti… le brioches, le salse di verdure … sughi di carne e burro, la zuppa di cipolle… soupe gratinée d’oignons, gli amaretti o maccaroni… i macarons e tante altre ricette… come le torte ripiene, l’anatra all’arancia e il piccione. Il XVII° secolo diventa tutto francese a tavola.
Giampietro Comolli
Redazione Newsfood.com
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici
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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
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