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DAZI EUROPEI IN RISPOSTA AL PROTEZIONISMO DI TRUMP

DAZI EUROPEI IN RISPOSTA AL PROTEZIONISMO DI TRUMP

By Giuseppe

 

 

 

UE-USA

DAZI EUROPEI IN RISPOSTA AL PROTEZIONISMO DI TRUMP.

200 PRODOTTI USA COLPITI DA UNA SOVRATASSA DOGANALE DEL 25%

FRA QUESTI ANCHE IL WHISKEY BOURBON.  CONSUMI LIMITATI IN ITALIA. MERCATI MOLTO SENSIBILI SONO IRLANDA, SCOZIA, GERMANIA, GRAN BRETAGNA, OLANDA , BELGIO

Milano, 21 agosto 2019

L’Europa risponde a Trump. L’Europa unita, caso raro, vara una sua unitaria contromisura al protezionismo di Trump che ha lanciato una massiccia maggiorazione di tariffe su acciaio e alluminio importato dagli Usa e destinato a grandi aziende europee (ma anche ad altri grandi Paesi come Messico, Canada e Cina).

Come avevamo già scritto qualunque tipo di protezionismo commerciale (tentare di guidare volumi e valori di merci e mercati) è oggi un boomerang. Non siamo più negli anni ’30 americani e, inoltre, non ha alcun senso economico positivo e produttivo, anche prendendo a pretesto un sistema di “sovvenzioni” pubbliche europee destinate alla produzione dell’ aereo Airbus Franco-Tedesco.

E’ così partito nel 2018 una non arrestabile spirale di mosse e contromosse fra Usa e Ue. L’Europa importa molti prodotti dagli Usa: i dazi europei riguardano merci americane (200 categorie in tutto, fra cui le più note sigarette, burro di arachidi, molto famose e famosissimi jeans) per un valore doganale di 2,8 mld di dollari, ma soprattutto colpiscono prodotti simbolo del made in Usa.

La prospettiva è preoccupante perché chi ci rimette (pensiamo anche ad aumenti di imposte) è sempre il consumatore finale che non ha “leve” di nessun genere sia di qua che di là dell’Atlantico. Il filone di Trump da supertassare resta l’industria manifatturiera europee, con auto tedesche e francesi in prima fila.

L’Europa, almeno sulla guerra dei dazi, ha un comportamento univoco e forte: sarebbe urgentissimo avere una Europa e una Commissione Europea così compatta, unita, decisionista anche su altre tematiche ambientali e umane. In termini pratici dagli Usa si parla di dazi e imposte che, con qualche distinguo, farebbero scattare nell’arco di 2 anni dal 22 al 54% il costo di certe materie all’origine e in dogana, con più evidenti ripercussioni sul prezzo al consumo se le imprese non decidono di accollarsi una parte dell’onere.

L’Europa quindi ha preso subito, mal volentieri come è stato dichiarato, le misure parallele sottolineando che un ripensamento di Trump potrebbe far cadere immediatamente l’aumento delle tariffe doganali. La Ue esporta per 488 mld/dollari e importa merci per  320 mld/dollari, entrambi in crescita continua negli ultimi 5 anni al ritmo di un + 7/10% annuo. L’export italiano verso gli Usa è di 55 mld/dollari, mentre l’importazione non raggiunge la metà del valore e l’Italia registra un disavanzo positivo di 32 mld/dollari /anno.

In ogni caso la risposta dell’Europa è sottostimata, meno della metà dell’aumento dei dazi imposti da Trump (6,4 mld/dollari). E Trump sta valutando come e quanto inserire anche il settore “auto non americane” nelle merci da tassare ulteriormente come risposta a vaghe minacce di “sicurezza nazionale” colpendo l’Europa e tutte le case automobilistiche asiatiche.

Trump asserisce che le barriere commerciai introdotte sono solo una risposta in ritardo dei dazi da tempo imposti dall’Ue e consiglia di costruire le merci su suolo americano.  Intanto è stato colpito l’acciaio e la tecnologia della Cina. E l’Europa ha risposto su diversi prodotti made in Usa, tra cui il famoso Whiskey-Bourbon: uno “spirits” in senso generale, ma con caratteristiche molto particolari e definite.

CHE COSA E’ UN WHISKEY BOURBON

La maggior parte sono prodotti distillati dal mais, anche in purezza,  con aggiunte diverse di orzo, segale, avena. Questo distillato americano è prodotto soprattutto dal Tennesee dal Kentaky alla Virginia: ci sono 18 grandi compagnie che lo producono in 25 distillerie e altre 300 circa piccole distillerie famigliari sparse in molti stati americani dal Texas all’Illinois.

La produzione riguarda tre tipologie di whiskey bourbon: quella base, la “proof bourbon” che è la più diffusa e il “bourbon in bond”, il top dei top, con un disciplinare (ugualissimo a quello delle dop e igp europee) che prevede almeno il 51% di granella di mais americano fermentato, al mash uso solo di acqua distillata e lieviti dell’anno precedente, con minimo il 51%vol alcol e 4 anni di invecchiamento e solo in botti di quercia americana rossa bruciata. Di “proof bourbon” se ne produce mediamente 1-1,1 milione di galloni l’anno (un gallon è pari a 3,78 litri con i limiti previsti dal disciplinare).  Annualmente si producono (registrate e numerate) 20-21 milioni di casse da 9 litri cadauna per un valore all’origine di 3 mld/dollari, con una esportazione di circa 1/4 della produzione e un controvalore di circa 1,2 mld di dollari l’anno in diversi paesi nel mondo.

 

USA: QUALI BRAND PRODUCONO E COMMERCIALIZZANO

Le prime 4 aziende produttrici hanno una vendita è un fatturato del 70% dell’intero mercato, mentre le 18 “company” producono il 96% del totale il resto è in mano a centinaia di piccole aziende fra cui Michter, Angel’s Envy, Willett e molte di queste piccole aziende famigliari si stanno riunendo (per esportare) nelle company Old Forester e Wilderness Trail,  due nuovi colossi in forte crescita. Le prime 4 Bourbon Company in assoluto, per fatturato e volumi,  sono:
1) Brown-Forman che produce il Jack Daniel’s Tennesee
2) Barrell  Bean-Suntory
3) Sazerac che ha anche una distilleria a Francoforte in company con la Baffalo Trace
4) Heaven Hill.

Le “etichette” di whiskey bourbon di più alta qualità, storia, valore sono:  Dry Fly 101 prodotto nello stato di Washington, Balcones Blue Corn nel Texas, Heaven Hill con l’antica etichetta Elijah Craig Pastor dalla Virginia;   Port Finish St.Augustine in Florida, John J.Bowman Single in Virginia; Few Spirits dall’Illinois; Wingle Organic dalla Pennsylvania.

Ancora oggi il porto marittimo di esportazione è Maysvilli in Kentaky.

Ecco le compagnie/imprese/marchi più noti e molto diffuse, in quasi graduatoria di esportazione nel mondo e in Europa:

Jack Daniel’s di Lynchburg; Corsar Ray Mageddon di Nashville (un particolare bourbon con il disciplinare Rey che prevede almeno il 60% di grani di segale); Hirsch Whiskey Bourbon di New Orleans; Evan Williams Single Barrell Bourbon dalla contea di Old Bourbon in Virginia; Baker’s Kentaky Straight Borbon; Ole Smoky Moonshine The Holler  dal Kentaky;  Wild Turkey Bourbon antico da Lousville; Jim Beal Stillhouse da Nashville.

 

QUANTO VALE IL BOURBON IN ITALIA

Il dato economico-doganale specifico relativo a solo questo prodotto Usa viene stimato in circa 120 mil/euro l’anno per tutta Europa, con alcuni paesi (scandinavi-tedeschi-orientali) che sono principali clienti. La maggiorazione tariffaria, come primo step, è il 25% per cui una Company Usa (qualsiasi) del bourbon che esporta in Europa 100.000 bottiglie potrebbe veder calare i volumi a fronte di un aumento di prezzo alla dogana che verrebbe ricaricato totalmente sul consumatore italiano. Una bottiglia, etichetta medio alta, di proof gallon bourbon del Tennesee invece di costare 60 dollari costerebbe 75 dollari… con le evidenti ripercussioni per ricarichi, diversi contenuti e formati, luoghi di consumo dal bar di un albergo a un ristorante top.

Oggi in enoteca o in negozi specializzati una bottiglia di bourbon americano originale ( lo è per disciplinare anche se il lievito madre o il malto viene prodotto nel Regno Unito!) costa minimo 30 euro fino a 50-60 euro: con l’introduzione dei dazi il primo step porta un incremento del 25%
In linea generale, se in Italia fino ad oggi, mediamente arrivano (destinazione export ma non è detto che siano tutte consumate in Italia, ma molte sono distribuite e rivendute) 170 mila bottiglie di whiskey bourbon made in Usa di tutte le tipologie, livelli di prezzo per un fatturato annuo al consumo di 10,8 milioni (ultimi 5 anni), automaticamente occorre pensare a un valore di partenza di 13,3 milioni circa. Un ricarico che pesa sul consumatore finale.

 

 

Giampietro Comolli

CEVES-Centro Studi Consumi Mercati

Ricerche AgroAlimentari-EnoGastronomie Italiane

-Via Rinaldo Ancillotti 5/B – 29122 Piacenza Italy

-Torrazzo Soprani Bellotti, str.da del Torrazzo 2 – 29010 Gazzola (PC)

 

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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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