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Italia, pesce nostrano alla fine, saranno necessarie importazioni

Italia, pesce nostrano alla fine, saranno necessarie importazioni

By Redazione

In Italia, i consumi di settore sono superiori alla capacità del settore di catturare specie ittiche dei mari nazionali. Come risultato, dal 30 aprile la produzione nostrana nel settore
è esaurita: per supplire alla domanda, i commercianti sono allora costretti a ricorrere all’estero.

Questa la conclusione di “Fish Dependence Day”, report di NEF (New Economics Foundation) e Ocean2012.

In primis, gli studiosi coinvolti spiegano come la questione pesce non tocchi solo la Penisola, ma tutto i vecchio mondo. Se la scadenza italiana si è verificata il 30 aprile, quella
dell’UE è poco più distante, il 2 luglio 2011. In entrambi i casi, il Fish Dependence Day, il giorno in cui sarà obbligatorio consumare pesce straniero, è prossimo.

Per NEF ed Ocean2012 il fenomeno è solo la conseguenza ultima di una mala gestione, che a fronte di consumi sempre più elevati non ha saputo offrire contromosse adeguate.

Tra tutte, la situazione italiana è particolarmente grave. Secondo uno dei ricercatori , Aniol Esteban, il Paese ha “Il peggiore squilibrio commerciale di tutti i Paesi Membri. Gli 
italiani consumano la stessa quantità di pesce del 1999 ma poiché le catture sono molto diminuite, hanno bisogno di importare il 37% di pesce in più”.

Allora, il rapporto conclude come l’unica soluzione possibile sta nell’unire consumo sostenibile a (soprattutto) una decisa spinta nella tutela e nell’ampliamento delle riserve ittiche,
nazionali ed europee.

Va però ricordato come tale pessimistica visione non trova accordo generale: tra i critici spicca Federcoopesca-Confcooperative, rappresentata dal presidente Massimo Coccia.

Il Presidente Coccia va dritto al punto: “Gli allarmismi legati alla fine delle risorse nel Mediterraneo sono ingiustificati: oltre due pesci su tre acquistati in Italia sono pescati all’estero
e non è certo una novità che il nostro paese sia fortemente dipendente dall’importazioni di prodotti ittici. E’ sempre stato così”.

In base alle statistiche, Coccia sostiene come in primis la sbandierata crescita dei consumi sia stata limitata: solo +13% in 7 anni, con in più un buon mantenimento delle riserve
ittiche nazionali. Il problema alla base della diminuzione percepita del pesce tricolore sta nella riduzione della flotta da pesca, fenomeno ingrandito dalle politiche di dismissione
dell’Unione Europea. Risultato, 2003 al 2008 sono usciti dal settore più di 2.000 pescherecci, con un conseguente -18% alla voce catture.

Inoltre, va considerata la differenza di prezzo. Come ricorda Coccia, “E’ che il prodotto che viene dell’estero, soprattutto quello proveniente da paesi extra europei, è meno caro,
è quindi più richiesto”: se a questo poi si aggiungono le diverse modalità di pesca (meno selettive e quindi più fruttuose) si capisce il divario tra ittico nostrano
ed ittico forestiero.

Infine, conclude il presidente, la strada per il futuro non passa per la riduzione dei consumi ma dall’aumento di qualità e sicurezza alimentare.

Matteo Clerici

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