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Un trattato per chiudere i porti ai pirati della pesca

By Redazione

Rappresentati di oltre 80 paesi hanno fatto significativi passi avanti nella definizione di un accordo internazionale
vincolante finalizzato a chiudere i porti alle imbarcazioni coinvolte nella pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU l’acronimo inglese).

A conclusione di 5 giorni di colloqui svoltisi la settimana scorsa presso la FAO, sono stati definiti i punti salienti di un trattato internazionale
vincolante sulle misure da parte dello Stato di approdo per vietare l’attracco alle imbarcazioni coinvolte nella pesca illegale.

Quando l’accordo sarà operativo, ai pescherecci che vogliono attraccare verrà richiesto in anticipo di essere in possesso di un permesso
concesso dalle autorità portuali e di dare informazioni dettagliate sulle attività ittiche svolte e sul carico di pesci che hanno a bordo. Questo darà alle autorità
l’opportunità di valutare ed individuare possibili illeciti prima di concedere l’autorizzazione ad ormeggiare.

Reti per la condivisione delle informazioni consentiranno ai paesi di negare l’accesso a qualsiasi imbarcazione schedata precedentemente da altri paesi
o da organizzazioni regionali per la gestione della pesca.

Ed il porto di attracco sarà attrezzato per poter ispezionare le imbarcazioni e monitorare le possibili tracce di attività di pesca
illegale.

I dettagli finali verranno messi a punto in successivi colloqui, la cui data non è stata ancora stabilita.

I negoziati attuali sono stati decisi nel marzo 2007 dai 131 paesi che partecipavano alla Commissione FAO sulla pesca e l’acquacoltura. La FAO ha poi
convocato una riunione di esperti per analizzare la questione, prima dell’avvio formale dei negoziati nel giugno 2008.

Il piano d’azione internazionale per combattere la pesca IUU ed un progetto modello per migliori misure da parte dello Stato di approdo sviluppato
falla FAO, hanno fornito le basi per il draft dell’accordo attualmente in discussione.

Uno strumento chiave

Le misure da parte dello Stato di approdo sono ormai viste come uno dei modi più efficaci per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non
regolamentata. Tra gli illeciti più comuni vi sono operare senza la dovuta autorizzazione, pescare specie protette, impiegare attrezzature fuori legge ed ignorare le quote di
pesca.

Anche se esistono modi per combattere la pesca illegale in mare, spesso per i paesi in via di sviluppo essi risultano troppo costosi e difficili da
mettere in pratica, per le vaste estensioni di oceano che si devono controllare e per il costo delle tecnologie necessarie.

“Una maggiore ispezione dei pescherecci ai porti dove scaricano il pesce, dove si riforniscono di carburante, caricano approvvigionamenti e fanno
riparazioni, consentirà ai paesi un controllo più stretto ed esteso contro la pesca illegale”, ha commentato l’esperto FAO David Doulman.

 

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