Cervello, una sfumatura smaschera le bugie
12 Maggio 2010
Quando mentiamo, il nostro cervello si “accende” in maniera particolare, producendo una sfumatura che la scienza può osservare e riconoscere.
Lo sostiene una ricerca della Stanford University (USA), diretta da Jesse Rissman e pubblicata su “PNAS”.
Il team di Rissman ha lavorato con 16 volontari, facendo osservare loro centinaia di volti (sia noti che non), chiedendo loro di indicare le facce note; nel mentre, gli scienziati monitoravano
la loro attività del cervello.
Usando una combinazione di scanner celebrale e software apposito, gli studiosi hanno così notato come la memoria dei soggetti si attivasse (tramite segnali elettrici) quando un volto era
noto. Allora, mettendo in relazione i dati ottenuti e le risposte, si poteva capire se un soggetto mentiva o no.
Nonostante tale successo, la squadra della Stanford University frena possibili facili entusiasmi, facendo notare come il loro sistema non sia la macchina della verità perfetta. La
tecnologia corrente non è infatti in grado di distinguere tra sincerità e bugie “in buona fede” (persone che dicono di aver già visto una faccia poiché si confondono
involontariamente).
“Insomma, è valida solo come la memoria di una persona, e questa può essere più o meno accurata”, spiega Rissman.
Inoltre, l’uomo può battere la macchina: “Ai nostri volontari è stato chiesto di essere onesti, ma in fin dei conti qualcuno potrebbe essere in grado di barare al test”.
Fonte: Jesse Rissman, Henry T. Greely, and Anthony D. Wagner, “Detecting individual memories through the neural decoding of memory states and past experience”, PNAS 2010
doi:10.1073/pnas.1001028107
Matteo Clerici
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